
Del lampione la luce si spande
sulla strada silente che dorme
e dai vetri ne filtra una lama
un pennello, un rivolo, un raggio.
Questa luce, giallognola, fredda
porta un suono, sottile per l’aria,
un accordo, un vibrato, un sospiro,
un sussurro di frasi indistinte.
Dice “dormi, che attendi, bambino?
Non è forse arrivato ora il tempo
di tuffarsi in un mare profondo,
dove giunga, insperato, il mattino
che da tanti ormai mesi non sorge?
Non è tempo di vivere un cielo
trapuntato di rondini nere,
senza nubi, ne’ sere, ne’ tuoni?
Cosa cerchi in un raggio di luce?
Forse un filo sottile che guidi
i tuoi passi nei curvi meandri,
labirinto di giorni, di anni,
senza fine ne’ inizio, ne’ centro?
Forse il filo è quel ricciolo nero
che una stella ti pianse nel cuore,
in quel giorno lontano d’estate?
Chiudi gli occhi bambino, ora vecchio,
giunto è il tempo, non puoi più indugiare.
Dalle un bacio, leggero, un sorriso,
dille grazie poi chiedi perdono.
Ora vieni, che l’ora è già tarda,
nella luce tu posa il tuo passo,
non temere i sussurri nel vento,
con te porta il ricordo del bacio,
stringi forte quel ricciolo amato
quel profumo di rose sbocciate
che riassume la vita, la morte,
l’estate.